Commissione banche: l'arena di San Macuto
Rubo il titolo alla nuova trasmissione di Massimo Giletti su La7 per il post promesso qui sulla seconde audizioni in commissione banche di Angelo Apponi (Consob) e di Carmelo Barbagallo (Banca d’Italia), che si sono tenute il 9 novembre. Lo assumo come un antidoto contro le allucinazioni. Perché dovevo essere in stato allucinatorio quando la sera dello stesso giorno ho commentato così il post di Matteo Renzi da poco messo su Facebook
Dopo i circenses con i gladiatori Apponius e Barbagallus, arriva il panem https://t.co/xa91O5si1Z Fatelo smettere. Chiamate Russell Crowe pic.twitter.com/5E5exoR1z3
— Luca Erzegovesi (@lerzegov) 9 novembre 2017
Un giorno in Procura
Ma torniamo agli antefatti. Giovedì 9 novembre ho cercato di seguire in diretta le audizioni. Mi sono perso la prima ora e mezza (lezione in aula), compreso il siparietto (così definito dal vice Presidente Marino a La7 Omnibus, e di cui trovate il video qui), nel quale vediamo all’opera una Commissione molto zelante nell’assolvere i suoi compiti di organo inquirente con poteri equivalenti a quelli della Magistratura. Tanto che un membro arriva a proporre il sequestro dello smartphone del dott. Barbagallo da parte delle Fiamme Gialle per impedirgli di seguire in streaming l’audizione (pardon, la testimonianza giurata) del dott. Apponi che era in corso di svolgimento. Eh, troppo comodo aggiustare la linea difensiva a proprio piacimento! La classica situazione da teoria dei giochi, il dilemma del prigioniero: se Prigioniero A confessa e Prigioniero B non confessa, bingo! Patteggiamento per Prigioniero A e Prigioniero B finisce agli arresti davanti alle telecamere.
Strano, però, non si aveva a che fare con due indiziati di manipolazione del Libor, insider trading o altri gravi reati finanziari, come in Suits, la serie Netflix. Le misure cautelari riguardavano due dirigenti di BdI e Consob che nella precedente audizione avevano rappresentato in modo discordante le comunicazioni intercorse tra le rispettive Autorità, tanto che li si era riconvocati per un "confronto all’americana" sulle rispettive versioni. Confronto che non c’è stato perché si è preferito passare alla modalità interrogatorio ai sensi del Codice di procedura penale, necessariamente un teste alla volta. Il presidente Casini non era d’accordo, ma la Commissione lo ha deciso a larga maggioranza. I due interessanti hanno accettato, con solenne giuramento prima delle rispettive testimonianze.
Le sconvolgenti rivelazioni
Come vi dicevo mi ero perso il prologo, eppure mi è bastato seguire l’escussione di Apponi per cogliere un clima un po' forzato. Lo zelo degli inquirenti era eccessivo. Che cosa è venuto fuori? Per la massima parte chiarimenti su aspetti tutti legati alle azioni gonfiate di cui al post precedente:
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su Banca popolare di Vicenza
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la Consob ha confermato l’accusa a Banca d’Italia di non averle comunicato i vizi della procedura di pricing delle azioni riscontrati nel 2001, nel 2008 e nel 2009;
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la Banca d’Italia ha confermato e ha motivato la mancata comunicazione in due modi, (a) le emissioni di azioni non erano previste nel protocollo di scambio informativo allora applicato tra le due Autorità e (b) la disfuzione riguardava un processo organizzativo della banca vigilata, aspetto sul quale BdI poteva intervenire efficacemente in modo autonomo, come poi è avvenuto;
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su Veneto banca
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Consob ha confermato di aver ricevuto dalla Banca d’Italia una sintesi delle risultanze dell’ispezione in Veneto Banca del 2013 nel quale faceva notare che il price/book value di 1,43 era incoerente con il contesto economico e con le negative performance reddituali dell’esercizio 2012, e poteva risultare d’ostacolo al compimento di operazioni societarie per le ricadute sull’azionariato; la BdI non aveva però incluso il passaggio, presente nella versione riservata del rapporto ispettivo, secondo cui "il procedimento di formazione del prezzo non seguiva canoni di completezza e razionalità"; Consob lo avrebbe riscontrato nella propria ispezione del 2015, avviata anche in risposta alla forte crescita degli esposti della clientela;
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secondo Banca d’Italia, che ha confermato quanto riferito da Apponi, la sintesi fornita era adeguata a rappresentare il problema, e che se la Consob lo avesse considerato rilevante, avrebbe dovuto chiedere un supplemento di indagine, che la Vigilanza bancaria avrebbe svolto;
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Consob ha stigmatizzato di non aver ricevuto un allerta sulle criticità della banca, o altri inviti alla cautela nell’autorizzare la ricapitalizzazione; Bankitalia avrebbe laconicamente riferito che «l’operazione era strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità»; in forma più velata, qui Consob contesta una parziale o non tempestiva comunicazione di problemi noti a Banca d’Italia.
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Sull’ultimo rilievo, il più sostanziale e delicato, tornerò tra poco. Chiudiamo il resoconto con due informazioni interessanti raccolte come ricaduta del dibattito:
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le due banche non hanno effettuato operazioni sul capitale negli anni precedenti il 2013, motivo per cui non si sono scambiate in quegli anni informazioni specifiche da inserire nei prospetti informativi, ovviamente;
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i prospetti informativi relativi alle obbligazioni subordinate di diritto estero con cedola 9,5% emesse da entrambe le banche a fine 2015 non sono state approvate dalla Consob, ma dall’Autorità di mercato lussemburghese.
Molti dei membri della Commissione non erano al corrente di queste informazioni. I commissari, come il vasto pubblico, immaginano che gli intermediari siano sottoposti a un monitoraggio continuo dell’operatività che fa scattare subito indagini, misure cautelari e azioni repressive. Non è così, e non potrà mai esserlo. Sarebbe la paralisi dell’operatività. L’azione di lobbying degli intermediari tende ovviamente a diradare e a rendere meno incisivi i controlli, e a migrare verso giurisdizioni più compiacenti (le direttive Ue sui vari passaporti europei consentono di farlo). Anche di questo si deve tenere conto nel giudicare l’operato delle agenzie di supervisione nazionali.
Grillini e renziani: «Avete visto? Avevamo ragione noi»
Alla fine il punto specifico che è venuto fuori si limita alla divergenza delle interpretazioni sulla rilevanza di un problema emerso nelle due banche (quello del pricing delle azioni) e sul grado di tempestività e di dettaglio delle comunicazioni che lo hanno riguardato. Aspetti degni di rilievo, ma certo non clamorosi, come invece pare li abbiano colti alcuni membri della commissione i quali, subito dopo l’audizione di Apponi, twittavano (ma è giusto che un commissario inquirente si metta a twittare in tempo reale?)
Meno male che commissione inchiesta banche non serviva a nulla. Dopo poche audizioni, pentolone delle cose che non tornano su #Venetobanca è già esploso
— Andrea Marcucci (@AndreaMarcucci) 9 novembre 2017
Quello che sta emergendo in commissione banche è serio, grave e allarmante. E dimostra che abbiamo fatto bene a volere questa commissione. E a dire che il sistema di vigilanza aveva delle serie falle.
— orfini (@orfini) 9 novembre 2017
Se le cose stanno come sono emerse oggi dalla testimonianza di Consob in Commissione Banche, allora in molti dovranno chiedere scusa al PD. La nostra posizione è sacrosanta e doverosa: il quadro che sta emergendo è inquietante con carenze tecniche commesse ad altissimo livello.
— Francesco Bonifazi (@FrancescoBonif1) 9 novembre 2017
#Bankitalia #consob abbiamo un problema! O tra voi non parlate (grave) o qualcuno mente (gravissimo).E i cittadini pagano. Governo complice pic.twitter.com/IUnKUEIpYA
— carlo sibilia (@carlosibilia) 9 novembre 2017
Oggi in #CommissioneBanche ho assistito a un teatrino, tragico per i 500.000 risparmiatori che hanno perso i risparmi
— Carla Ruocco (@carlaruocco1) 9 novembre 2017
Consob ha accusato Bankitalia di non aver indicato nel 2013 problemi su Veneto Banca #M5S da anni chiede le dimissioni dei vertici di #Consob e di #Bankitalia
Un ulteriore commento durante la seduta con Barbagallo.
In Commissione Banche la Banca d’Italia conferma che l’ispezione 2013 è stata consegnata a Consob nel 2015. Prima solo una lettera che Consob ritiene insufficiente e fuorviante. 2 anni di ritardo = gravi responsabilità e danni enormi @Deputatipd @matteorenzi
— Franco Vazio (@francovazio) 9 novembre 2017
La mia analisi controfattuale
Di fronte a tanta indignazione per le "rivelazioni" della Consob, mi sono ingenuamente chiesto che cosa sarebbe cambiato negli sciagurati aumenti di capitale del 2013-2014 se alla montagna di carte tra via Nazionale e via Martini si fossero aggiunte le 10 cartelle che, secondo Apponi, mancavano all’appello. Consob avrebbe scoperto problemi nascosti che già non conosceva, specifici di quelle banche o comuni ad altri istituti che si ricapitalizzavano con titoli non quotati? Era all’oscuro che i prezzi fossero manipolati senza alcun aggancio con redditività e multipli di Borsa delle comparabili? Avrebbe negato l’approvazione ai prospetti, evitando la cattura di risparmiatori ignari e ingannati? No, no e no.
Le due banche hanno fatto porcherie immani in quelle operazioni sul capitale. Le Autorità ne avevano un quadro incompleto (specialmente a Vicenza), e resta da accertare perché. La versione ufficiale è che le banche (anche qui, specialmente a Vicenza) hanno montato (definizione del DG di Consob)
un ecosistema collusivo volto a occultare in maniera sistematica e fraudolenta informazioni al mercato e alle stesse autorità di vigilanza.
Sì, erano due banche con numeri in peggioramento sul fronte del credito e capitale scarso (qui Vicenza pareva messa meglio), ma si pensava che un’adeguata ricapitalizzazione avrebbe risolto il loro problemi, tanto gli immediati (superare l’esame della Bce) quanto i successivi (smaltire gli Npl e tornare a guadagnare). Invece no, messe di fronte al baratro della bocciatura da Francoforte, stavano montando operazioni tese a reperire capitale fasullo con finanziamenti baciati, con predazioni commerciali ai danni di neo-soci di cui manomettevano i profili Mifid, e (se non bastasse) con l’aggravante di un prezzo spropositato al quale, nel frattempo, altri soci di maggior riguardo riuscivano a vendere e uscire.
Entrambe le autorità ne hanno avuto piena contezza nelle rispettive ispezioni del 2015. Banca d’Italia avrebbe scoperto la valanga di azioni baciate a Vicenza (circa un miliardo di euro), pare accumulatasi in maggior volume e minor tempo grazie (si fa per dire) a operazioni di maggior taglia media (con clienti compiacenti), in parte occultate con triangolazioni (come il fondo Optimum). Consob avrebbe setacciato gli archivi Mifid sconnessi e taroccati e le mail tra la direzione e il perito valutatore delle azioni, dalle quali risultava un procedimento di pricing pesantemente condizionato dal committente. Quanto sapessero, o sospettassero, di tutto ciò prima di autorizzare gli aumenti di capitale non lo si saprà forse mai. Questo è il punto dolente, l’eventuale grave negligenza o compiacenza che la Commissione avrebbe dovuto contestare. Ebbene, molti dei suoi membri lo hanno fatto nelle prime audizioni e alcuni nella seconda col dott. Barbagallo.
Il 9 novembre, tuttavia, la vis inquisitoria si è concentrata sulla prova regina, lo smoking gun, i dieci fogli di carta che sono mancati all’appello. L’indignazione per le scandalose condotte svelate e l’euforia per aver inchiodato il testimone Apponi mi sembravano troppo enfatizzate.
La micro-querelle con l’on. Zanetti
Tant’è che mi sono indignato a mia volta, e ne è venuto fuori questo siparietto di tweet con l’on. Zanetti, membro della Commissione ed ex vice Ministro dell’economia nel governo Renzi.
Ditemi voi se, sulla base del quadro che sta emergendo anche oggi in commissione d’inchiesta, incaponirsi nel... https://t.co/pGJvKXduZH
— Enrico Zanetti (@enrico_zanetti) 9 novembre 2017
Parodia? Ma vergognati.
— Enrico Zanetti (@enrico_zanetti) 9 novembre 2017
Mia impressione dalla platea, si consoli, molti altri le chiederanno il bis. Per la recensione aspettiamo il finale https://t.co/WAVXIqCmHp https://t.co/Ms4n0gcLYa
— Luca Erzegovesi (@lerzegov) 9 novembre 2017
Lo scontro Consob-Bankitalia
Secondo i commenti del giorno dopo (vedi oltre), gli esponenti delle due Autorità si sarebbero scontrati duramente. «Sono volati gli stracci». Ascoltando il parlato, si nota una certa insistenza del dott. Apponi sulle mancate comunicazioni dalla Vigilanza bancaria. Un’insistenza eccessiva, tenuto conto del limitato valore incrementale delle informazioni che sarebbero rimaste riservate. Come spiegarla? Qualche ipotesi: autodifesa dalla pressione di alcuni commissari, forse consigli dello staff legale di Consob (dopo tutto si trattava di un interrogatorio con rilievo penale), non penso qualche sassolino nella scarpa.
Dal canto suo il dott. Barbagallo ha risposto compostamente a tutto. Si è concesso un velo d’ironia quando ha risposto che la comunicazione a Consob del novembre 2013 relativa a Veneto Banca non era "la lettera di Natale", ma il resoconto sintetico dell’ispezione che elencava tutti i problemi emersi. Se Consob non ha ritenuto di approfondire il tema dei prezzi gonfiati, è un problema suo. Avrebbe dovuto richiedere integrazioni. Ma oltre a questo, non ho notato nessun’altra critica o censura.
Sul piano dell’accertamento delle disfunzioni, mi paiono più interessanti le ammissioni di entrambi i convenuti sull’inefficacia degli attuali dispositivi di supervisione. Apponi ha ribadito di non aver potuto bloccare gli aumenti di capitale perché non è ancora operativa la product intervention prevista dalla Mifid 2. Al riguardo, ha smorzato i facili entusiasmi, trattandosi di un nuovo strumento che deve essere attuato, il che richiederà forti investimenti in procedure e personale. Uno pensa che i reati e i cattivi comportamenti finanziari si possano reprimere come nelle scene d’azione de Gli intoccabili, invece no, si tratta di un’azione di inibizione a mezzo carta che richiede istruttorie, giudizi nel merito e provvedimenti esecutivi ancora più complessi di quelli previsti per accertare una violazione delle regole di profilazione MIFiD o per negare la pubblicazione a un prospetto incompleto. Del resto anche Al Capone, il cattivo del film, fu incastrato per evasione fiscale. Non è stato facile portarlo alla condanna (e fargli urlare «a lot of talk and a badge!») perché il suddetto era spalleggiato da consulenti legali armati fino ai denti di armi cartacee come i suoi scagnozzi di armi a ripetizione. Anche gli intermediari ingaggiano agguerriti consulenti legali (spero non gli scagnozzi).
Anche Barbagallo ha ammesso che l’unica difesa da quelle operazioni fallaci sarebbe stata il divieto di effettuarle. La Banca d’Italia non lo poteva fare, ma si potrebbero proibire le nuove emissioni di azioni e strumenti di capitale quando il punteggio ricevuto nell’esercizio di supervisione annuale SREP o in un’ispezione sul posto supera una soglia di negatività. Anche questo non sarebbe la panacea, dato che scatterebbe dopo che la Vigilanza accerta uno stato di alto rischio di dissesto, mentre sarebbe necessario intervenire preventivamente.
Note
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Si è aperto così in Commissione banche il dibattito sulla revisione delle regole e delle pratiche di Vigilanza prudenziale e di protezione del cliente. Un tema importante sul quale voglio tornare con post dedicati. |
Quanto ai protocolli e alle pratiche di scambio di informazioni e di collaborazione, entrambi gli auditi hanno riconosciuto la possibilità e la volontà di migliorarli. Per quello che possono servire.
The day after
Venerdì 10 novembre tutti i giornali aprivano in prima pagina sulle audizioni del giorno precedente. Non voglio tediarvi con una rassegna stampa di notizie che avrete letto fresche di giornata. Ci basti questa sinossi di titoli e firme. Corriere, Repubblica e il quotidiano di Confindustria escono in prima con lo scontro, o la spaccatura, tra Banca d’Italia e Consob. I commenti e i retroscena nelle pagine interne (Italia più che economia) raccontano le incongruenze tra le versioni delle due autorità e le tensioni in Commissione. Il messaggio conclusivo è: ci sono state delle mancanze, delle falle nel loro operato e nella reciproca comunicazione.
Note
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Molte altre testate hanno coperto bene le notizie da Palazzo San Macuto. Non posso citarle tutte per limiti di tempo. Trovate di più sul mio profilo twitter. |
Repubblica
Troviamo in prima un commento di Francesco Manacorda in cui si ipotizza che il bersaglio degli attacchi potrebbe essere Draghi. La tesi è che qualcuno possa aver messo in cattiva luce Draghi per ostacolare il suo possibile ritorno in Patria, alla scadenza del mandato in Bce, con un ruolo di Premier tecnico.
La Stampa
Il quotidiano torinese si stacca dal resto e mette in prima un editoriale di Stefano Lepri che motiva gli apparenti ritardi degli interventi di Banca d’Italia con la scelta prioritaria per l’obiettivo di stabilità (i suoi argomenti convergono con la mia ipotesi dei Men in black). In maggior risalto troviamo uno scoop di Giancarlo Paolucci che chiama in causa Mario Draghi (come visto anche su Repubblica). Il tutto è corredato da rinvii a cronache e commenti sulla giornata di tenore simile a quelli degli altri quotidiani.
L’uscita di Paolucci mi ha sorpreso, in quanto alzava il livello di allarme sull’attacco alle istituzioni. Non soltanto le autorità domestiche in carica si erano esposte a critiche, ma l’ex capo di via Nazionale avrebbe ignorato nel 2009 un documento riservato che segnalava la pericolosa sopravvalutazione delle azioni BPVi. Stimo Paolucci come un eccellente giornalista investigativo. Ricordo la sua coraggiosa indagine sulle interferenze di Unipol con la riforma delle assicurazioni RC auto, che gli è costata una perquisizione in casa. Mi è però sorto il dubbio che la bomba su Draghi fosse una rilettura contestualizzata dei rilevi ispettivi sui quali Barbagallo aveva ampiamente riferito in Commissione. Tant’è che gli ho twittato, ricevendo la seguente risposta
No prof, nel rapporto ispettivo il passaggio sulle azioni è radicalmente diverso, come spiego nell'articolo
— gianluca paolucci (@giapao) 10 novembre 2017
Ne deduco che la notizia si fondava su documenti diversi dal rapporto ispettivo (probabilmente una memoria riservata per il Governatore). I miei dubbi sulla caratura della fonte non sono svaniti, ma poco conta. La notizia era stata lanciata, con il via libera (presumo) del direttore Maurizio Molinari.
Il sabato dei colonnelli
Il giorno successivo, a due giorni dalla sessione a Piazza San Macuto, il tono dei principali quotidiani cambia completamente. La cronaca, i commenti e i retroscena sulle testimonianze relative alla banche venete cedono il posto a editoriali e commenti più pacati. Si percepisce la volontà di rimediare ai toni troppo critici verso le Autorità del primo day after. Cambiano però i messaggi e le letture dei diversi giornali.
Corriere della sera
Qui troviamo un commento di Verderami in prima sui rischi di un attacco impulsivo alle istituzioni di Vigilanza in cui si dà voce a un moderato e preoccupato presidente Casini. Lo accompagnano due approfondimenti più tecnici, Fabrizio Massaro documenta l’azione correttiva di Banca d’Italia, mentre Milena Gabanelli si diffonde sulla scarsa efficacia del processo autorizzativo dei prospetti, chiamando in causa la Consob.
Repubblica
Qui il focus è la difesa di Draghi dall’attacco ipotizzato il giorno prima. Vi provvedono Francesco Manacorda che raccoglie segnali rassicuranti dall’on. Rosati e Rosaria Amato che riporta voci da via Nazionale a tutela dell’ex Governatore. Rosati sembra smentire qualsiasi timore di ostilità contro Draghi, anche se conferma l’allergia del Pd a nuovi governi tecnici. Anche qui troviamo un grave monito a piromani e demolitori affidato al commento politico di Stefano Folli.
Il sole 24 ore
Si riprendono le precisazioni del Pd su Draghi e le accuse di Renzi alle Autorità. Per primo, il quotidiano di Confidustria dedica una rassegna di Laura Serafini e un commento cartesiano di Donato Masciandaro sul ridisegno dei compiti delle Autorità di vigilanza.
La Stampa
La linea del quotidiano torinese si distacca ancora dal resto. Un editoriale di Marcello Sorgi trascura le polemiche contingenti sulle presunte mancanze della Banca d’Italia e pronuncia una vibrante arringa difensiva, nella quale si ripercorrono i meriti di Visco nel contrasto alla mala gestio delle banche egemonizzate dai potentati locali, e si legge nel livore di Renzi una ritorsione per non aver informato l’allora Premier della decisione di commissariare Banca Etruria. In un altro articolo si riporta una rassicurazione da Francoforte attribuita a un Mario Draghi che, si riferisce, è del tutto tranquillo di aver fatto quello che si doveva sul dossier popolare di Vicenza
Domenica in libera uscita
Nell’uscita domenicale il tema banche non scompare, ma i contenuti si diversificano ancora di più di sabato.
Corriere della sera
Il Corriere sposta i riflettori dal Veneto a Ferrara e a Bari. La prima notizia è sulla causa vinta da un ex azionista Carife verso la good bank creata con la risoluzione del novembre 2015 (oggi confluita in BPER): sarà risarcito per la vendita scorretta di azioni in violazione della MIFiD. Da Carife, che sarà analizzata dalla Commissione d’inchiesta nell’ultimo lotto di casi, si passa poi alla popolare di Bari, che non rientra nel novero delle dissestate. Federico Fubini si sofferma sull’eccessiva valutazione delle azioni in occasione della trasformazione della banca in SpA e della conseguente paralisi del mercato secondario sul circuito Hi-Mtf. Leggo i due spunti come un invito a considerare le crisi bancarie da altri punti di osservazione e come un fenomeno diffuso anche in altre parti del sistema (tesi cara al vice Presidente della Commissione Brunetta).
Repubblica
Anche Repubblica sposta la telecamera dal Veneto, ma questa volta su Arezzo, con un’ampia ricostruzione del processo autorizzativo delle emissioni di strumenti di capitale fatte nel 2013. Qui riaffiora un atteggiamento critico verso la Consob e la Banca d’Italia, come a documentare un altro episodio in cui sono emerse, forse in maniera più seria, le disfunzioni censurate dalla Commissione con riferimento alle due venete.
La Stampa
Ancora una volta è il giornale diretto da Molinari a lanciare i messaggi più forti e innestati nel dibattito dei giorni precedenti. Come la critica a Draghi di venerdì aveva attivato Sorgi il sabato con la difesa di Visco, così quest’ultima ha fatto scattare domenica la risposta. In una lettera al giornale, il segretario del Pd smentisce il mancato preavviso sul comissariamento di Etruria, ribadisce il giudizio negativo sull’operato dei supervisori italiani e la sua lealtà verso le istituzioni. A lato Giancarlo Paolucci propone un pezzo su Mps. Contiene una sorta di giustificazione preventiva del mancato intervento di Banca d’Italia sulle gravi criticità rilevate (buchi di bilancio per i derivati Santorini nel 2010 e Alexandria nel 2011) e tamponate (linea di liquidità di 2 miliardi a fine 2011) presso la banca senese, sulla quali saranno probabilmente costruiti i capi d’accusa nel prossimo round dei lavori della Commissione. Paolucci parla di approccio macroprudenziale seguito da via Nazionale, inteso come linea di intervento attuata nel riserbo per evitare il dissesto della banca.
Il sole 24 ore
In prima troviamo un commento di Giorgio La Malfa e Paolo Savona nel quale si riprende il tema della riforma della supervisione lanciato il giorno precedente. L’ho ripreso in questo tweet
Giorgio La Malfa e Paolo Savona in prima sul @sole24ore: La commissione di inchiesta che serve.
— Luca Erzegovesi (@lerzegov) 12 novembre 2017
Ok portare attenzione su riforma supervisione, ma prima di ridisegno c’è tanto guano da spalare, difficile se tutti giocano a tirarselo addosso pic.twitter.com/Dbxv4boeE8
Un lunedì riflessivo
Lunedì 13 novembre la copertura del tema banche si dirada nei principali quotidiani. Repubblica non torna sui filoni aperti dall’audizione di giovedì 9. Il sole 24 ore è silente. Gli altri due maggiori quotidiani tornano a una linea di cautela e moderazione.
Corriere della sera
Il Corriere riprende l’intervista rilasciata il giorno prima da Silvio Berlusconi al Quotidiano nazionale nella quale prende le distanze dalla linea molto critica di Renzi verso il sistema bancario e le Autorità di vigilanza, censurando anche l’irresponsabile attacco a Draghi. Un lungo pezzo di Federico Fubini analizza l’evoluzione del quadro di vigilanza europeo, con il pericolo di una stretta sugli investimenti bancari in titoli di Stato. Lo scontro fra Matteo Renzi e Ignazio Visco minaccia di concentrare il dibattito sulle banche solo sul passato, senza attenzione alle partite del futuro in Europa.
La Stampa
Troviamo ancora un’apertura in prima sulle banche con il messaggio di moderazione (e di realistica attesa di altri spettacoli spiacevoli) raccolto nell’intervista di Ugo Magri a Pier Ferdinando Casini e un editoriale dell’economista Franco Bruni, Riscrivere le regole della stabilità. Il filone della riforma delle regole di Vigilanza sarà sempre più frequentato nelle settimane a venire. All’interno troviamo un reportage da Arezzo di Giancarlo Paolucci sui giorni prima del Commissariamento di Banca Etruria, nel quale si conferma la tesi di Sorgi: in banca e quindi in ambiente Renzi-Boschi non si era al corrente dell’imminente decisione.
E adesso?
Non è stato semplice riassumere quello che si è detto e scritto in questi giorni sui lavori della Commissione banche. Da un lato è sempre alto il livello della contesa tra Matteo Renzi e la Banca d’Italia, a quanto risulta dal botta e risposta sulla Stampa. Nel dibattito si levano anche voci moderate e non schierate, che hanno a cuore il prestigio delle Istituzioni coinvolte. Cresce l’attenzione per le ipotesi di riforma della supervisione, che dovrebbe rappresentare il naturale sbocco propositivo dell’indagine parlamentare. Al momento sono usciti spunti ancora generici, ma è importante che il lavoro sia cominciato. Riprenderò il tema in un prossimo post.
Dal mio punto di osservazione continuerò a seguire la Commissione, che domani comincia a lavorare sul dossier forse più esplosivo, quello del Monte dei Paschi di Siena. Mi trovo costretto a ridurre il tempo dedicato al reportage dei lavori svolto fin qui, in modo amatoriale. È opportuno che dedichi più tempo ad approdondire filoni speciifici. La copertura sui giornali, sul web e anche in televisione (come a La7 Omnibus) è molto ampia. Mi pare di aver rilevato dalla settimana scorsa (vedi sopra) ripetute scosse di assestamento delle linee editoriali. Avranno probabilmente giocato correzioni di tono e di rotta, probabilmente incoraggiate dalle istituzioni messe sotto attacco. Domenica 12 mi sono lasciato andare a un commento un po' tranchant, ma non del tutto fuori bersaglio
Su #CommissioneBanche @Corriere, @repubblica e @LaStampa soffrono disturbo bipolare:
— Luca Erzegovesi (@lerzegov) 12 novembre 2017
A) ieri colonnelli-editorialisti a difesa delle Autorità
B) oggi ufficiali-redazioni economia accumulano carboni ardenti sul capo dei supervisori
O è per rivolta dei lettori contro (A)?
Mi sembra di cogliere una contrapposizione non soltanto tra schieramenti politici e istituzioni (prima fra tutte quella personalizzata nello scontro Renzi-Visco). Vedo una polarizzazione generazionale che taglia trasversalmente i partiti e le redazioni dei giornali, con i giovani all’attacco in nome del cambiamento e i senior in difesa delle Autorità in nome della moderazione e del senso delle istituzioni. È uno spunto che rilevavo in un post sul dibattito pro e contro il bail-in. Me lo tengo segnato perché può aiutare a capire tante cose che succederanno nel nostro Paese. Nel merito delle crisi bancarie, si arriverà presto a capire che la contesa sulle colpe è aspetto collaterale della ripartizione dei costi della crisi, che è ultimamente una suddivisione tra generazioni.
Finora hanno vinto le ragioni dei vecchi (risparmiatori, dipendenti senior non licenziati o messi in solidarietà, referenti politici e sindacali che li rappresentano). Stiamo però attenti anche alle ragioni dei giovani. Mi disturbano il tono provocatorio degli esponenti M5S o l’aggressività di Renzi, ma non posso dimenticare che danno voce ai disagi di una generazione che rischia di pagare i costi futuri di accomodamenti fatti oggi in nome della moderazione e della stabilità (penso alle soluzioni ad hoc costruite per Mps e le venete), che potrebbero rivelarsi troppo costosi per lo Stato in futuro.
Un altro tema da tenere bene in evidenza è quello dei clienti truffati e finora non soddisfatti da meccanismi di ristoro di vario genere. Non lo si sta affrontando in maniera ragionata. Sento fare promesse di risarcimento sorrette da risorse aleatorie e meccanismi arzigogolati. Dall’altro lato i danneggiati alimentano un flusso che potrebbe diventare immenso di procedimenti giudiziari e arbitrali, con grossi costi a carico loro e delle gestioni risanate o trasferite dopo il dissesto.
Non mancherà materiale su cui scrivere nei prossimi giorni. Sto ricevendo numerosi messaggi mail e contatti su Twitter che mi portano notizie e idee di prima mano. Ne farò buon uso.
Sui titoli di coda: il braccio violento del Legislatore
«Altro che Finanza. A Palazzo San Macuto chiamiamo i Tonton macoutes … »
«… e vediamo se insiste a non vuotare il sacco!»